Una trafila d'accidenti

Il bar della stazione ha cambiato gestione; quel proprietario che mi aveva detto di dirti di fare il bravo è stato rimpiazzato da un tamarro pelato con una qualche lettera a caso tatuata sulla mastoide in un font che te lo raccomando.

La sua socia, con altrettanti tatuaggi brutti, ha una treccia laterale; quasi a voler addolcire tutta quella zarrìa. Si chiama Piera ma si fa chiamare Sharon.

I succhi di frutta erano tutti freddi da frigo, le brioches alla marmellata erano finite. Ne ho mangiata una di cartone, a voler mantenere le assonanze dei FBYC e i kg che ho preso in questi tre anni.

Appena finisco l'università, lo giuro, mi iscrivo in palestra oppure parto. Quante volte l'ho detto?

Oggi è caldo e per la prima volta da settembre sto in casa senza felpa, almeno quando mi lavo i denti sporco una maglietta che è già bianca. E parlando di denti, di nuovo, mi sto accidentalmente innamorando di una prosa scritta senza pensarci; dove si va a capo quando si vuole, come dovrebbe indicare il significato del termine. Qui c'è un punto e dopo c'è volontariamente la lettera minuscola, ma le parole sono talmente belle che mi convincono, del tutto, anche quando non le capisco.

Tutta la cura che ha nello scrivere una frase che dopo un giorno non ha importanza, mi commuove; e mi fa sorridere alle sei di sera infrasettimanali, quando non c'è niente per cui sorridere. Innamorarsi di cose concrete mi aiuterebbe certamente a non perderle di vista dopo mezzora netta.

I libri. Leggeteli, non fotografateli (e non usateli per telefonare).

Oggi è comunque caldo, anche se dal cielo non lo diresti, e non saprei cos'altro ascoltare se non loro.